giovedì 2 febbraio 2012

255/365 photoproject



un giorno per caso

anita arrivò a casa, come tutte le sere, dopo aver attraversato la giungla urbana della città nell’ora di punta. era ancora chiaro. ‘che favola’  pensò ‘le giornate si stanno finalmente allungando’.

sbattè la porta di casa alle sue spalle e contemporaneamente si liberò delle scarpe, senza badare a dove sarebbero finite. era in ritardo e la cosa la stava innervosendo. si era fatta una bella ‘tabella di marcia’ per tutte le cose che doveva fare quella sera, prima del grande incontro. ma aveva perso la metro per un soffio, e poi, nel vialetto sotto casa, era inciampata, sbucciandosi il ginocchio come una bimba al suo primo giro in bicicletta.
‘che ridere, proprio come quando ero piccola’. si precipitò in bagno e si sfilò le calze di nylon, gettandole direttamente nel cestino. ‘ennesimo paio che è durato appena una giorno. sono proprio un disastro’ sospirò.
prese un dischetto di ovatta dal mobile a specchio e lo inumidì sotto l’acqua, pensando che non aveva tempo di cercare il disinfettante. e poi così avrebbe bruciato di meno. tamponò leggermente la ferita cercando di pulir via la gocciolina di sangue che si era seccata sulla sua pelle.

tornò in salotto e con il telecomando fece partire lo stereo. stette un secondo in attesa, decidendo se quello che stava sentendo era in linea col suo umore, e….’perfetto! questa mi darà ritmo e carica' pensò.

aprì l’acqua della doccia regolando il miscelatore sul massimo della temperatura, si tolse i vestiti gettandoli a casaccio sul pavimento del bagno ed entrò in doccia.
era ferma nell’angolino, fuori dalla portata dell’acqua, in attesa che la temperatura fosse un po’ meno glaciale. gli spruzzi d'acqua che la sfioravano le fecero venire la pelle d'oca su tutto il corpo. mise timidamente una mano sotto l'acqua. 'ancora no'  -there's gotta be a record of you someplace, you gotta be on somebody's books- 

lasciò che l’acqua la bagnasse completamente, con il mento che toccava il collo, i capelli davanti agli occhi. stette così per ben 2 minuti, senza muovere un muscolo e cercando di non pensare a nulla. canticchiava seguendo le note della canzone che arrivavano appena dallo stereo del salotto. stava lavando via la sua giornata. gesti, pensieri, preoccupazioni, voci, rumori. via tutto, giù per lo scarico della doccia.
aprì gli occhi, si tolse i capelli dalla faccia e alzò la testa, stando per un altro minuto ferma ad ascoltare le gocce d’acqua che le accarezzavano la pelle. terminato il  ‘rituale’ che la accompagnava tutte le sere quando rincasava, cominciò a lavarsi e suoi pensieri ricominciarono a fluire.
'sono le sette e mezzo. devo sbrigarmi o non arriverò mai in tempo'

uscì dalla doccia e si asciugò frettolosamente, come se il suo corpo si fosse finalmente sintonizzato con la sua testa. veloce, veloce.  anche in questo gesto era ancora molto infantile. quando si toglieva l’accappatoio aveva sempre le gambe bagnate e i capelli che le gocciolavano sulla schiena.
era una donna, ma in certi momenti si sentiva più il personaggio goffo di un fumetto. poca eleganza nei suoi gesti. inciampava dappertutto. -a lady-killer regulaiton tattoo, silver spurs on his heels-

si spostò in camera da letto e aprì l’armadio.
‘a noi due tubino nero dalla linea sinuosa’ disse a voce alta prendendo la stampella con sopra quell’abito che tanto la preoccupava.  diede un’occhiata allo specchio dietro di lei, e si osservò il corpo, cercando di immaginarsi già vestita. arrossì in maniera impercettibile. ‘ci entrerò ancora?’ e riposò gli occhi sul suo abito, con aria di sfida.
lo appoggiò sul letto, e si buttò a capofitto nel cassetto della biancheria, cercando qualcosa di adatto per la serata. ‘non trovo mai quello che cerco in questi cassetti. ' e finì col rovesciare sul pavimento quasi tutto il contenuto.
‘eccole! ' e arrossì di nuovo al pensiero che le sfiorò la mente.
si vestì lentamente e con cura. andò di corsa a prendere la scatola con le scarpe nuove che aveva lasciato in cucina, la sera prima e la posò sul letto. la aprì e buttò le scarpe sul tappeto. poi si sedette per terra e le indossò. era il suo segno di riconoscimento, il suo marchio di fabbrica. qualsiasi paio di scarpe dovesse indossare, lei se le infilava stando seduta per terra.
‘il momento della verità’ si rialzò e si mise davanti allo specchio. -and it's your face I'm looking for , on every street'

un sorriso spuntò nell’angolo della sua bocca. era abbastanza soddisfatta. anzi, era molto soddisfatta, ma non lo avrebbe mai ammesso. lo specchio rifletteva una donna tutt'altro che infantile. tutti quei piccoli gesti che la rendevano così bambina erano d'un colpo svaniti.
poi osservò le scarpe, come se le stesse vedendo per la prima volta
‘mi sembrava di averle scelte rosse. no, anzi, sono proprio sicura di aver detto alla commessa di darmi quelle rosse. avrà fatto confusione. ora me le dovrò tenere così'

era eccitata perché non le capitava spesso di poter agghindarsi in quel modo. ma la serata che la aspettava esigeva un look elegante. cercò il telefono per controllare l’ora. ‘aiuto! non può essere già così tardi!!’
corse in bagno cercando l’asciugacapelli. ‘non faccio a tempo a piastrarmi i capelli, mi devo ancora truccare’. con una sequenza di gesti scomposti e approssimativi, riuscì ad ottenere un aspetto ‘accettabile’.
i capelli erano ancora troppo elettrici, visto che se li era asciugati a testa in giù, sistemandoli alla fine con un colpo di spazzola.
prese il pennellone della cipria e lo passò su occhi e zigomi. matita, mascara. e un pò di lucido sulle labbra. era davvero il massimo che si poteva pretendere dalla sua femminilità ancora così acerba.

in cucina rovesciò il contenuto della borsa sul tavolo. prese le chiavi, il portafogli e, recuperato il telefono, infilò tutto nella borsetta da sera che aveva comprato anche quella la sera prima. 'nera....ma perchè ho l'impressione che ci sia qualcosa che non torna? scarpe e borsa....le avevo scelte rosse' ma non aveva tempo di soffermacisi troppo. solo non capiva, non ricordava bene.

uscì di casa praticamente correndo. portava raramente i tacchi, ma ci sapeva camminare con disinvoltura. riusciva pure a correrci. attreversò la strada e con la mano alzata cercò di attirare l’attenzione del primo taxi libero.
una volta seduta in auto, e dopo aver passato l’indirizzo all’autista, si sistemò il tubino, per paura che si stropicciasse troppo stando seduta.
t: ‘serata a teatro? Stasera danno una prima in centro’ chiese l’autista.
a: ‘no no, non vado a teatro'
t: 'cena romantica?' insistette il tassista

a: ‘come dice? Aspetti scusi, mi squilla il telefono e non la sento..’
anita prese in mano il telefono e rispose sollevata, contenta di non dover sostenere quella conversazione.
‘pronto?’ (non sento nulla) DRINNNN DRINNNN
‘SI PRONTO??’
‘pronto?????’

DRINNNNNNNNNNNNNNNNNNNNN DRINNNNNNNNNNNNNNNN

...............

anita aprì gli occhi, richiudendoli subito perché la luce la infastidiva.
la sveglia era rotolata sul pavimento, ma almeno aveva smesso di produrre quel rumore infernale.
‘o cielo, ma cos’ho mangiato ieri sera? mi sembra di aver ruzzolato nel letto per tutta la notte’
poi un pensiero le strappò un sorriso ‘oggi devo andare a prendermi le scarpe per stasera!!’
e sapeva di che colore le voleva...:)

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